Glossario

Una raccolta di parole foodcultural (tra cibo e cultura) scelte o incontrate e sempre oltrelordine, curata e insaziabilmente incrementata da Daniela Ferrando. Da consultare in ordine alfabetico dall’A alla Z. O in ordine di pubblicazione, per mese e argomento. O senza un ordine, per nutrire la mente in questi tempi satolli.

Acmella oleracea

oltrelordine glossario A acmella

Acmella oleracea aka la margherita elettrica. In cambio di una scossa sulla lingua vale la pena di impararne il nome scientifico, visto che è un fiore diverso da tutti gli altri, chiamato in molti altri modi – come Jambù, crescione del Brasile, fiore elettrico, fiore del curaro e pianta del mal di denti. L’Acmella è tecnicamente un fiore edule, cioè commestibile. Ma la sua prestazione più eclatante è quella di comportarsi come una sorta di botulino vegetale, rilassando i muscoli facciali e anestetizzando il cavo orale. Fa quindi gola, oltre agli chef, anche a chi si occupa di cosmesi e nutraceutica.

Word count: 100

Baccello

Dal latino “bacillum”, bastoncino, diminutivo di “bacŭlum”, bastone. Hanno un baccello i legumi come le fave, i piselli, i fagioli, i ceci, i carrubi etc…. ed è il contenitore dei semi, sodo, di forma allungata, facilmente apribile. Prima lo si scartava, ma è diventato molto oltrelordine utilizzarlo. Per esempio il baccello delle fave, tenero e quasi lanuginoso, puoi lessarlo e frullarlo, aggiungere olio bello sapido per fare una crema buonissima, se ti sfagiola. In alcune zone della Toscana, per non dire “fava” (nel senso di legume, ma evitando ogni doppio senso sessuale) si dice “baccello”. Come sappiamo essere bon-ton.

Word count: 99

Brùstico

glossario foodcultural brùstico

Tra le tante cotture alla brace, tra le tante cotture del pesce di lago tipo persico-boccalone-luccio, il brùstico ha una bellezza tutta sua. Grazie alla territorialità tosco-umbra, all’utilizzo di un letto di canne lacustri e grazie alla scelta di abbrustolire il pesce intero, non eviscerato e non squamato, per cui sembra di gustarne la polpa insieme all’intenso e aromatico odore del suo fumo e del suo tutto. Insomma, il brùstico è rustico, antico, etrusco. Vale la pena di chiederlo in loco viaggiando in autonomia da quelle parti o di compulsare il sostanzioso programma di Valdichiana Eating.

Word count: 96

Cecina

Il nome fa pensare ai ceci. E non sbagliamo. Ma cecina è una parola ingannevole, nel suo duplice significato: 1. In Toscana, è sinonimo-equivalente della farinata, che si fa con la farina di ceci e 2. La Cecina (pronuncia sesìna) de León IGP, salume spagnolo realizzato con pezzi della parte posteriore dei bovini di almeno cinque anni e un peso minimo di 400 kg, da bovini appartenenti alle razze autoctone di Castiglia e León.

Word count: 73

Ciabòt

Parola foodcultural soprattutto utile ai non piemontesi – quorum ego – o ai piemontesi giovani. Nel vocabolario Piemontese – Italiano di Michele Ponza da Cavour, ciabòt è casina, casoccia, casotto, casupola, casuccia, casa da contadino. Di fatto il ciabòt era il casottino in muratura che nei vigneti serviva come deposito di acqua e oggetti, riparo, luogo di riposo per i vignaioli. Se ne vedono ancora tanti tra i filari.

Il ciabòt contemporaneo è un posto accogliente, un gazebo reloaded. Varie aziende vitivinicole hanno rivitalizzato così un luogo funzionale. Altro che aperitivo al bancone. Nei ciabòt, si beve la storia del territorio.

Word count: 93

Duràcina

Pronincia du-rà-ci-na. Dal latino duracĭnu(m) ‘dalla buccia dura’, come testimoniano anche Catone e Plinio. Questo aggettivo indica le pesche e le ciliegie sode, croccanti, succose, resistenti e con la polpa ben attaccata al nocciolo. La voluttà fatta frutto. 

Duràcina è anche l’uva di alcune varietà dalla buccia spessa, ricca di polifenoli. Un’uva al dente, dal carattere vigoroso e resistente che vinificata si presta bene ai lunghi affinamenti sui lieviti.

Essere duràcino è un valore. E un frutto duràcino è prezioso, perché conserva la sua bontà più a lungo e si può trasportare più lontano (astenersi maniaci del KM zero). 

Word count: 99

Edule

Edule, che in italiano pronunciamo con l’accento sulla prima “e”, è un aggettivo e significa “commestibile”. Suona un po’ strano, forbito e raffinato. Deriva dal latino ĕdūlis, che a sua volta deriva dal verbo ĕdo = mangiare.

Ma dove l’abbiamo già sentito? Facile: il nome scientifico del fungo porcino è Boletus Edulis. 

Il plurale di edule è più comune da trovare e leggere: è eduli – per esempio quando parliamo di fiori eduli, cioè fiori buoni da mangiare. Sinonimo di edule è mangereccio, che però, curiosamente, suona come una parola un po’ antiquata, quasi oltrelordine. 

Word count: 93

Falò

falò nel buio

Il falò è un fuoco rituale, antichissime le origini. Un fuoco controllato. Che distrugge un cumulo di sterpi (o di ricordi). Che invoca protezione. Che riunisce le persone. Che punteggia le notti. Che vibra di scintille. Che dà fastidio all’ordine pubblico. Che – dicono – peggiora la qualità dell’aria. Il fuoco del falò dialoga con la luna in cielo. E qui leggi Cesare Pavese. Perché il falò si chiama così? Viene, pare, dal greco ϕανός (pron. fanòs) = lampada. Il falò produce una gran fiamma, che però dura poco, acceso per distruggere qualcosa o per segnale o per festa e allegrezza. 

Word count: 98

Fojòt (o Fujòt)

fojot o fujot bagna cauda

Il recipiente-fornelletto in terracotta smaltata, bipartito, per la bagna cauda.

Sopra è scodella, sotto ospita la candela o le candele che riscaldano la sacra salsa preparata con acciughe, olio, aglio e gustata in autunno/inverno con verdure varie di stagione sia crude che cotte, come cardi gobbi, cavolfiore, topinambur, barbabietola, patate, verza.

Qui, su La Cucina Italiana, la ricetta depositata di questa specialità del Basso Piemonte.

In passato la bagna cauda arrivava fumante in un tegame in terracotta, il Dian, messo al centro della atvola e tenuto caldo da braci.

Adesso il fojòt è individuale – o condiviso con chi ami molto.

Word count: 98

Frisceu

Glosario Frisceu Genova Carega

A Genova, i frisceu sono le frittelle salate di pasta lievitata. Un’istituzione geogastronomica, che accomuna il ricco e il povero.

Un genovese pronuncia questo nome dialettale con una scioltezza quasi genetica.

Per i diversamente genovesi, ecco l’aiuto di un audio ben fatto e per contrasto un audio fuorviante (ahiahi, AI).

Grandi quanto un’albicocca (il boccone ideale), aromatizzati con erbe come maggiorana, salvia, rosmarino, erba cipollina, i frisceu sono uno dei cibi di strada e di casa più economici e goduriosi. Vegetali al 100%, vanno mangiati caldissimi – dal cono di carta di una friggitoria o dal vassoio di un palazzo patrizio.

Word count: 100

Gandolino

I gandolini, a Milano e in Lombardia, sono soprattutto i semini del limone. Anche dell’arancia e degli altri frutti eh. Piccolo, scivoloso, apparentemente fastidioso e insignificante, il gandolino è in realtà un futuro limone. Se solo avessimo voglia di piantarlo in un vaso e di innaffiarlo. In altre regioni d’Italia, nei vari dialetti, lo chiamano seme, nòcciolo, osso. Ma è vero che ogni comunità dà nomi particolari proprio alle cose curiose o che hanno un valore, un’importanza. Altro che insignificante.

Word count: 80

Hummus

Lo conosciamo tutti. Lo facciamo in mille modi. Lo usiamo come antipasto, contorno, salsa. Ma lo chiamiamo in modo inesatto. In arabo ḥummuṣ significa ceci”, plurale di ḥimmiṣ. Il nome completo della salsa sarebbe ḥummuṣ bitaḥini (“ceci con tahina”, la pasta di sesamo). Senonché le parole, col tempo e con l’uso, cambiano significato. Quando diciamo “hummus di ceci“, magari facciamo ridere gli arabi come se dicessimo “ceci di ceci”, mentre noi siamo serissimi perché distinguiamo l’hummus di ceci da quello di barbabietola, legumi, peperoni, curry etc. Importa però non confondere hummus (con 2 m) e humus (una sola m).

Word count: 99

Humus

Ecco l’humus con una m. Dal latino “hŭmus” cioè “terra, suolo”, da cui deriva anche l’aggettivo “hŭmǐlis”, che significa “basso, vicino al suolo, di bassa condizione, modesto”.

L’umiltà nel senso di modestia non sarebbe neanche una brutta cosa, in questi tempi di ego esagerati.

Ma l’humus come lo intendiamo oggi e come parola foodcultural è l’insieme delle sostanze organiche presenti nel suolo e deriva dalla decomposizione di residui vegetali e animali, di primaria importanza per la nutrizione delle piante di orti, boschi e giardini. Morte che dà la vita.

Word count: 89

IGA

Questa parola foodcultural fa coppia con “birra”. È un acronimo. Sta per Italian Grape Ale, equivalente a “birra italiana ad alta fermentazione con uva”. Siamo al confine tra birra e vino? La IGA è un’espressione della birra artigianale. La distingue la presenza, oltre al luppolo, del mosto d’uva sia cotto che fresco o del frutto al naturale.

Ora, se pensiamo all’infinità dei vitigni che possono, da soli o blendati, aggiungere personalità a una birra, diventa chiaro che la birra IGA non è solo un universo. È una fonte di ispirazione, sperimentazione, identità e affermazione per i microbirrifici del territorio.

Word count: 92

Infernòt

Se sei piemontese, non leggere. Tutti gli altri sì. L’infernòt è il recesso più profondo della cantina. 

Più tecnicamente: “L’infernot è una piccola camera sotterranea, scavata nella Pietra da Cantoni senza luce e aerazione, generalmente raggiungibile attraverso una cantina, e utilizzata per custodire il vino imbottigliato. Le sue caratteristiche di temperatura e umidità costanti consentono l’ottima conservazione delle bottiglie più preziose.

Esiste un Monferrato degli infernòt patrimonio Unesco.

L’infernòt è tipo un Sancta Sanctorum. O magari un Enfer bibliotecario, visto che anche qui ci sono scaffali e non di libri ma, a volte, di prodotti intoccabili: vini peccaminosi!

Word count: 98

Ketchup (di begonia)

Ketchup (di begonia). Torna il tema dei fiori eduli. Delle loro trasformazioni. Delle loro potenzialità, soprattutto. Il ketchup di begonia è oltrelordine per la sua natura agrodolce. Ecco infatti una salsa titillante che usa un fiore dal sentore agrumato e acidulo al posto del pomodoro. La ricetta originale dell’azienda ligure Tastee dichiara il 40% di fiori di Begonia, olio extra vergine d’oliva, cipolla, zucchero, aceto di mele, sale marino integrale di Cervia, peperoncino, pepe, noce moscata. Solo ingredienti naturali, nessun conservante o colorante. Una combo interessante che ridefinisce il concetto di ketchup.

Word count: 92

Lolla

lolla di riso

Lolla è una parola coccolosa, ma si riferisce a una materia interessante e ci parla di sostenibilità. La lolla, detta anche pula o loppa, è un sottoprodotto derivante dalla lavorazione dei cereali ed è costituita dall’insieme dalle brattee, o glumelle o glumette, che racchiudono il chicco. Come si arriva alla lolla? Il distacco avviene durante la trebbiatura nel caso di frumento o segale. Per riso, avena e farro, ci vuole un processo apposito, la sbramatura. La lolla di riso è una delle più interessanti. C’è chi, per esempio, la utilizza nella lavorazione della birra o chi ne ha fatto recipienti green, biodegradabili.

Word count: 99

Luppolo

luppolo disegno Daniela Ferrando

Il luppolo aka Humulus Lupulus, è fondamentale nella birra. Attenti al luppolo! Battutona stra-abusata, eppure c’è una (falsa) etimologia che collega luppolo e lupo, tramite Plinio, che descrive il modo in cui il luppolo si avvinghia alla pianta di salice, quasi facendola sua preda. 

Nella birra il luppolo è un aromatizzante. E lo è sotto forma delle infiorescenze femminili o della polvere esse perdono. Di questa pianta rampicante, capace di diventare alta anche 10m, non si butta via niente: i germogli si mangiano tipo asparagi, le foglie sono foraggio, i fusti secchi lettiera e ingrediente per fabbricare la carta.

Word count: 99

Magiostra

Dice la Treccani: magiòstra (o maggiòstra) agg. e s. f. [voce mediterranea], settentr. – Nome region. di diverse varietà di fragole.

Toh, in milanese le fragole si chiamano magiuster, presumibilmente dal mese di maggio in cui maturano. O c’è un’altra etimologia, difficilior?

Di fatto, Magiostra è anche la Fragola Profumata di Tortona, come attesta un registro del 1411 della Pieve di Garbagna che elenca le “magiostre o fravole” tra i prodotti locali. E “Fragolaria” era una strada di Tortona citata in un atto comunale del 1631”, mentre alla metà del XIX secolo, sulla “Cronaca di Tortona” compare per la prima volta il termine “Profumata”.

Word count: 99

Magnatum

Questa parola appare nel nome scientifico del tartufo bianco: Tuber Magnatum Pico, ma non c’entra con “mangiare” o peggio con “magnare”. È il genitivo plurale della parola latina Magnas, atis = signore, potente. Questo tartufo costoso-raro-pregiato, è “dei Signori”. Riassumendo: Tuber = tartufo (che non è propriamente un tubero, ma un fungo che si forma sotto terra. Già Plinio il Vecchio usava questo termine nella Naturalis Historia), Magnatum = dei Signori, perché se lo possono permettere i ricchi, Pico come il torinese Vittorio Pico che nel tardo settecento coniò il nome completo. E il tartufo nero? Il Tuber Melanosporum, cioè “dalle spore nere”.

Word count: 100

Manodomestici

manodomestici castello morsasco

Dài è intuitivo. Se gli elettrodomestici sono strumenti elettrici-elettronici che aiutano in casa, i manodomestici sono la stessa cosa ma senza elettricità, di uso manuale e superbamente foodcultural. Come le caffettiere. Le macchine per tirare la sfoglia. I ferro da stiro pesanti, da scaldare sulla stufa. La frusta a manovella per montare gli albumi. Lo schiacciapatate, etc etc. Nella pancia del Castello di Morsasco in Piemonte, una singolare collezione di manodomestici dell’800 e del ‘900 – strumenti oltrelordine.

Word count: 77

Moéche

moeche sabbiate VI.OR Villa Ormaneto

Mo-é-che (o moleche, il termine è veneziano, allude alla loro consistenza). Le moeche sono una prelibatezza della cucina di mare.

Propriamente sono i granchi di laguna (maschi), molli perché è in corso la muta: si sono liberati del vecchio carapace ma quello nuovo non si è ancora formato. Questo, a tarda primavera o inizio autunno. Ed è allora che vengono pescati. Come accade da oltre 300 anni.

Viaggiando in sacchi di iuta che le mantengono umide, le moeche arrivano sul mercato, e sono care. Da lì, in cucina. Fritte anzi sabbiate leggerissimamente, sono un mangiare crudele ma sublime.

Word count: 98

Neviera

glossario neviera interno

Definizione compìta: Grotta o cantina in cui si raccoglieva in passato, nell’inverno, la neve da usarsi nella stagione calda per il raffreddamento di cibi e bevande. Definizione oltrelordine: il deposito della neve, in saecula saeculorum, quando il frigo nemmeno esisteva. La neviera (o ghiacciaia) era un locale sotterraneo, tipicamente con tetto a volta e un’apertura superiore dove scaricare la neve raccolta. Dalle porticine laterali si estraeva invece il ghiaccio. Ne sopravvivono di neviere? Sì. Molte in Salento, visitabili. Le Cantine del Gavi in Piemonte hanno la neviera. Non è la sola. Un giro d’Italia cercando neviere e ghiacciaie? Da sperimentare.

Word count: 100

Ollàre

Non è l’infinito del verbo, anche se ci piacerebbe. È l’aggettivo riferito alla pietra (ollite) di molte pentole o piastre di cottura. “ollare” deriva da “olla“, recipiente panciuto usato nella civiltà romana per cuocere o conservare cibi, liquidi, le ceneri di un defunto, denaro.

Da qui la commedia di Plauto Aulularia (da aulŭla = piccola aula, sinonimo di olla), storia di un tesoro in una pentola. Sempre da qui, il fil-rouge con le leggende che parlano di pentole piene d’oro sotto l’arcobaleno. A noi però interessano anche la olla podrida, o i ceci alla salentina nel coccio.*

* Ceci alla pignata

Word count: 83